Ci siamo: il secondo Fed Day dell’anno è qui. Le previsioni sulla prossima mossa sui tassi USA di Powell. Cosa prezzano i mercati per tutto il 2025.
Il verdetto sui tassi USA sta per arrivare: domani, mercoledì 19 marzo 2025, la Fed di Jerome Powell annuncerà la decisione presa sui tassi di interesse USA.
Quali sono le previsioni sulla prossima mossa che sarà annunciata dalla Banca centrale americana? Mercati ed economisti sono allineati nel ritenere che l’annuncio che sarà diramato al termine della riunione del FOMC (il braccio di politica monetaria della Federal Reserve), iniziata oggi, sarà di tassi sui fed funds lasciati fermi all’interno del range compreso tra il 4,25% e il 4,5%.
La Fed di Powell confermerà dunque ancora lo status quo, come ha già fatto nella prima riunione del 2025, quando ha scatenato la furia del presidente americano Donald Trump, che preme invece affinché i tassi vengano ulteriormente ridotti. Del nulla di fatto sui tassi sono convinti strategist e mercati. In particolare, dal FedWatch della CME emerge che, nel Fed Day di domani, i tassi sui fed funds USA saranno lasciati inchiodati ai livelli attuali con una probabilità pari al 99%: praticamente, una certezza.
Tassi Fed, verdetto vicino insieme a nuove previsioni PIL-inflazione USA e al dot plot
L’annuncio della Fed relativo alla decisione sui tassi arriverà alle ore 19 ora italiana. Alle 19.30 ora italiana, prenderà il via la conferenza stampa che vedrà il presidente dell’istituzione Jerome Powell rispondere alle domande dei giornalisti. Domande che riguarderanno inevitabilmente i suoi rapporti con Trump ma, stavolta, anche e forse soprattutto le nuove proiezioni economiche che saranno annunciate dalla banca centrale.
Così come nel caso dell’ultima riunione della BCE dello scorso 6 marzo, quando lo staff dell’Eurotower ha diffuso le nuove previsioni sul trend del PIL e dell’inflazione dell’area euro, la Federal Reserve presenterà infatti nella giornata di domani il nuovo outlook sull’andamento dell’economia e dei prezzi negli Stati Uniti.
A essere pubblicato sarà inoltre il documento tra i più attesi con trepidazione a Wall Street: il dot plot, ovvero il grafico a punti da cui sarà possibile apprendere il trend dei tassi sui fed funds USA stimato da ciascun esponente del FOMC).
Il grande dubbio, così come nel caso della BCE di Christine Lagarde, è su quanto accadrà nelle riunioni successive del Consiglio.
La divisione di ricerca di Goldman Sachs ha scritto di ritenere che “il FOMC probabilmente ribadirà che non ha fretta di attuare ulteriori tagli dei tassi di interesse e che intende mantenere un atteggiamento attendista, finché i cambiamenti di politica sotto la nuova amministrazione non diventeranno meno volatili e incerti e le prospettive non saranno più chiare”.
Fed, tutti i tagli dei tassi di Powell prima della frenata del primo atto del 2025
Vale la pena di ricordare che la Federal Reserve ha tagliato i tassi sui fed funds la prima volta in quattro anni nel mese di settembre 2024, con una sforbiciata maxi, pari a ben 50 punti base.
Un altro taglio dei tassi pari a -25 punti base è stato annunciato nel novembre 2024, immediatamente dopo la notizia della vittoria alle elezioni USA di Donald Trump.
Il terzo e per ora ultimo taglio dei tassi di questo ciclo di riduzioni del costo del denaro è arrivato nella riunione di dicembre, l’ultima del 2024, che ha scatenato un vero e proprio bagno di sangue che ha colpito Wall Street e i Treasury, a causa di un dot plot che ha stroncato le speranze delle colombe, prevedendo non più quattro tagli nel corso del 2025, ma appena due.
Per la Fed equazione PIL-inflazione-tassi stravolta in pochi mesi con presidenza Trump
L’annuncio di domani della Fed arriverà in un momento difficile per tutti i banchieri centrali, costretti a fare i conti con più variabili: ma certo la posizione in cui versa Powell, già attaccato diverse volte dal presidente americano Donald Trump, è tra le più difficili, se si considera quanto, nell’arco degli ultimi mesi e ancora di più nelle ultime settimane, la narrativa predominante sui mercati sia stata totalmente stravolta.
Da Donald Trump presidente USA prossimo a dare una sferzata a un PIL USA di per sé già solido, facendolo crescere a un ritmo ancora più invidiabile - e, così facendo, riaccendendo anche l’inflazione degli States -, a un Donald Trump indifferente al crollo di Wall Street, fermo sostenitore di una politica commerciale imperniata sui dazi, al punto di sacrificare la stessa resilienza dell’economia americana, almeno nel breve periodo, all’altare della sua battaglia contro tutto il mondo. Tanto che è stato lui stesso a non escludere l’arrivo di una recessione negli Stati Uniti e a riportare in America il doppio incubo della recessione e della disoccupazione.
Oltre a Wall Street, assediata dai sell, va detto che non sono felici neanche i suoi amici miliardari, il suo braccio destro Elon Musk incluso visto, che dal suo insediamento alla Casa Bianca, hanno perso più di 200 miliardi di dollari di ricchezze.
Sicuramente, quell’effetto rialzista che la notizia della sua vittoria alle elezioni presidenziali USA del 5 novembre 2024 è stato del tutto azzerato, ma non solo: i buy sono stati letteralmente soppiantati dai sell, che hanno fatto precipitare in queste ultime sessioni il Nasdaq Composite e lo S&P 500 in fase di correzione, portando l’indice Dow Jones a soffrire la settimana peggiore dal 2023.
A fronte di tutti questi accadimenti, secondo qualche analista è possibile che il presidente della Fed Jerome Powell decida di “resettare” la sua stessa view sull’economia USA.
Da Trumpflation a Trumpcession, narrativa ribaltata e massacro a Wall Street
Di fatto, se subito dopo la notizia della vittoria di Trump alle elezioni USA l’equazione era stata la seguente: Trump=più crescita=più inflazione=rischio non solo che i tassi sui fed funds USA non venissero più tagliati, ma che addirittura venissero rialzati (in sostanza una situazione di Trumpflation), nelle ultime settimane l’equazione è diventata questa: Trump=più probabilità di recessione=tonfo Wall Street=Fed che forse sta sbagliando tutto e che dovrebbe tornare a tagliare i tassi.
Ora si paventa sempre di più, infatti, una Trumpcession, ovvero una recessione provocata da Trump, per la precisione dalla guerra commerciale aggressiva che la sua presidenza ha lanciato, praticamente, contro tutto il mondo, a colpi di dazi. Di fronte a questi timori, gli analisti fanno notare che la Fed non può rimanere indifferente, anche perché diversi sono gli economisti e gli strategist che si sono ritrovati costretti a presentare ai loro clienti uno scenario di una crescita del PIL USA decisamente più deprimente, rispetto a quanto avevano previsto in precedenza.
“I rapporti che abbiamo con i clienti indicano che la musica sta cambiando. Mentre molti ritengono che un discorso sulla recessione sia prematuro, i timori di una politica incerta da parte della nuova amministrazione Trump abbondano, e una ’tassa di incertezza’ sta colpendo le aspettative di crescita ”, ha commentato Emmanuel Cau, strategist di Barclays.
Alcuni dati macro hanno confermato inoltre l’erosione della fiducia da parte dei consumatori americani, come è emerso dal sondaggio mensile sulle aspettative dei consumatori lanciato dalla Fed di New York, da cui è emerso che “le famiglie hanno manifestato a febbraio un maggiore pessimismo riguardo alle loro condizioni finanziarie nell’anno a venire. Inoltre, le aspettative sulla disoccupazione, sull’incapacità di restituire i debiti e sull’accesso al credito hanno subìto un forte deterioramento”.
Gli esperti si sono dati così da fare, prezzando il rischio di un’economia degli States meno brillante rispetto a quanto messo precedentemente in conto: Barclays, per esempio, ha letteralmente dimezzato l’outlook sulla performance del PIL USA nel corso del 2025 a un trend pari a +0,5% mentre gli analisti di Goldman Sachs hanno abbassato le loro stime sul trend del prodotto interno lordo USA da una crescita precedentemente attesa a +2,4% alla previsione di una espansione pari a +1,7%.
Il massacro andato in scena a Wall Street inevitabilmente ha contribuito ad aumentare il senso di sfiducia degli americani che hanno visto il valore dei loro investimenti ridursi, in alcuni casi in modo drammatico.
Quindi? Quindi ora c’è qualcuno che parla addirittura di una Fed put, ovvero di una banca centrale americana pronta a soccorrere l’economia degli Stati Uniti e, dunque, a tagliare i tassi di interesse al fine di prevenire una recessione.
Tuttavia, altri ricordano che, sebbene non preoccupante come quanto si temesse, l’inflazione degli Stati Uniti continua a viaggiare a un valore decisamente superiore al target del 2% della Fed, e non di poco. Dunque? Dunque Powell per ora ha davvero pochi elementi per capire con certezza come muoversi, in quanto rischia di peggiorare la situazione qualsiasi cosa faccia, a causa delle troppe incognite in essere, che potranno essere risolte solo quando si potrà calcolare in modo più preciso il danno all’economia che l’imposizione a raffica dei dazi sul mondo da parte di Trump potrà essere individuato.
PIL, inflazione e tassi USA: le previsioni di Goldman Sachs in attesa del Fed Day
Tutto sarà un po’ più chiaro nella giornata di domani quando, oltre ad apprendere la decisione della Fed sui tassi, i mercati conosceranno le nuove previsioni economiche sul PIL e sull’inflazione degli Stati Uniti stilate dalla Fed e, soprattutto, il dot plot.
A tal proposito, gli analisti di Goldman Sachs prevedono una revisione al rialzo di 0,3 punti percentuali delle stime sull’inflazione misurata dall’indice PCE core, nel 2025, al 2,8%, e un downgrade di 0,3 punti percentuali dell’outlook sul PIL USA relativo al 2025, a una crescita pari a +1,8%.
Per quanto riguarda invece il grafico atteso con trepidazione dai mercati, ovvero il dot plot, Goldman Sachs ha scritto che, a suo avviso, in un contesto di inflazione ancora ostinata, che cresce a un ritmo ancora decisamente più alto rispetto al target del 2% della Fed, il dot plot dovrebbe abbassare ulteriormente le stime su possibili tagli ai tassi di interesse nel corso del 2025 (che nel dot plot di dicembre 2024 sono state pari ad appena due sforbiciate).
Tuttavia, secondo gli esperti del gigante di Wall Street, è probabile che la Fed confermi quanto emerso nell’ultima riunione del 2024 del FOMC, al fine di evitare un nuovo trauma dei mercati. La nota di Goldman Sachs, infatti, così recita:
“Noi prevediamo che per il 2026 e il 2027 il dot plot rimarrà invariato, in media, prevedendo così tagli al 3,875%, 3,375%, 3,125% rispettivamente nel 2025, 2026, 2027”.
Per quanto riguarda invece il tasso di interesse neutrale o di più lungo termine che sarà presentato con il nuovo dot plot, Goldman Sachs prevede un valore più alto, ovvero un range compreso tra il 3% e il 3,125%.
Tassi Fed, su cosa scommettono i mercati per la fine del 2025
Tornando alle aspettative dei mercati riguardo all’intero 2025, dal FedWatch della CME risulta una probabilità pari al 78% che la Fed lasci i tassi di interesse USA di nuovo invariati nella riunione del FOMC di maggio.
Viene data invece al 54,5% la probabilità che la banca centrale americana torni a tagliare i tassi, di 25 punti base, nel meeting di giugno.
Sempre dal FedWatch della CME emerge poi una probabilità pari al 32,2% che, entro la fine del 2025, la Fed abbassi i tassi sui fed funds Usa due volte (la seconda volta a settembre, dopo la sforbiciata di giugno), portandoli a una forchetta compresa tra il 3,75% e il 4%.
La probabilità che entro la fine dell’anno Powell & Co. taglino ulteriormente i tassi per la terza volta, facendoli scendere al range compreso tra il 3,5% e il 3,75% è piuttosto bassa, pari al 28,9%.
A confortare la platea delle colombe è però il fatto che, a essere ancora più bassa, pari ad appena il 17,8%, è la probabilità che la Fed, nel corso del 2025, tagli i tassi solo una volta. A dispetto dei commenti dei soliti falchi, dunque, e almeno secondo i mercati, la Banca centrale americana dovrebbe concludere dunque l’anno consegnando ai mercati almeno due tagli. Sebbene, va fatto notare, la probabilità sia piuttosto risicata.
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