Il divieto di licenziamento nel periodo di maternità vale tanto per la madre quanto (dal 12 agosto 2022) per il padre. Ma in alcuni casi l’interruzione del rapporto di lavoro è possibile.
La risposta alla domanda in oggetto - ossia sulla possibilità di licenziare un dipendente che è da poco diventato papà - è stata recentemente oggetto di modifica.
Infatti, se fino a qualche mese fa per il lavoratore che ha appena avuto un figlio non erano previste le stesse tutele riconosciute alla madre, come ad esempio il divieto di licenziamento e la possibilità di richiedere la Naspi anche in caso di dimissioni, oggi non è più così visto che la riforma del Testo unico di maternità e paternità ha equiparato le due posizioni.
Quindi, no: il neopapà non può essere licenziato, salvo alcuni casi eccezionali, come confermato dalla recente circolare Inps n. 32 del 2023. E in loro assenza il licenziamento andrà considerato nullo, con il reinserimento in azienda del dipendente.
A tal proposito, ripercorriamo il percorso che ha portato a questa novità facendo chiarezza su quando il licenziamento del lavoratore neopapà è consentito e quando invece ha buone possibilità di essere riconosciuto come nullo laddove dovesse essere impugnato.
Perché il neopapà non può essere licenziato
Prima del 13 agosto 2022 solamente per la lavoratrice sussisteva il divieto di licenziamento nel periodo di maternità che va dai 300 giorni che precedono il parto al compimento del primo anno di età del bambino.
Tuttavia, con l’entrata in vigore del d.lgs n. 105 del 2022 cambia tutto: dal 13 agosto scorso, infatti, sono state apportate delle modifiche al Testo unico maternità e paternità (d.lgs . 151 del 2001) che incidono anche sul rapporto di lavoro del dipendente che ha appena avuto un figlio.
Da una parte con la conferma del congedo di paternità obbligatorio a 10 giorni, dall’altra con le novità in materia di congedo parentale. E ancora, viene stabilito che il divieto di licenziamento come previsto dall’articolo 54 del Testo unico si applica anche nei confronti del padre che fruisce del suddetto congedo di paternità di 10 giorni, al pari di quanto fino ad allora riconosciuto solo al lavoratore che fruiva del congedo di maternità al posto della madre.
Quindi, ne risulta che neppure il padre potrà essere licenziato nel periodo che va dall’inizio della gravidanza fino a 1 anno del figlio.
L’estensione delle tutele nei confronti del padre lavoratore si applicano anche nei confronti del successivo articolo 55, laddove si stabilisce che quando il dipendente rassegna le dimissioni nel periodo di maternità ha diritto alle stesse indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. Quindi, ne risulta che dal 13 agosto 2022 mantiene il diritto alla Naspi il lavoratore che si è dimesso entro il compimento del primo anno di età del figlio.
Quando il padre lavoratore può essere licenziato comunque
Va detto che il divieto di licenziamento nel periodo di maternità non vale sempre. Molto, infatti, dipende dalla ragione che ha motivato l’interruzione del rapporto di lavoro.
Come specificato dall’articolo 54 del TU sulla maternità e paternità, infatti, il divieto di licenziamento non si applica nei seguenti casi:
- colpa grave da parte della lavoratrice (e quindi anche del lavoratore), costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
- cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
- ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
- esito negativo della prova.
Per quanto riguarda il primo punto, bisogna prestare attenzione a non confondere la grave giusta causa con il giustificato motivo: solamente nel primo caso, infatti, il licenziamento è nullo. A ribadirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2004/2017.
Nel dettaglio, in ambito lavorativo la giusta causa riferisce a una violazione contrattuale talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro anche per un’altra sola giornata. Se invece la condotta del dipendente è grave ma non a tal punto da giustificare un licenziamento in tronco, si parla invece di giustificato motivo.
Ebbene, quando si vuole licenziare un dipendente appena diventato padre nel periodo che precede il compimento del primo anno del figlio bisogna prestare particolare attenzione e verificare se sussiste la colpa grave: a tal proposito, chiarisce la Cassazione, “l’indagine deve estendersi a un’ampia ricostruzione fattuale del caso concreto e alla considerazione della vicenda espulsiva nella pluralità dei suoi diversi componenti.”
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