Dopo quanti stipendi non pagati scattano le dimissioni per giusta causa?

Simone Micocci

10 Maggio 2023 - 15:15

Dimissioni per giusta causa in caso di stipendi non pagati: dopo quanti mesi è consentito? Ecco cosa dice la giurisprudenza.

Dopo quanti stipendi non pagati scattano le dimissioni per giusta causa?

Se il datore di lavoro non paga lo stipendio il dipendente può dimettersi per giusta causa, con tutte le tutele che ne scaturiscono.

Le dimissioni per giusta causa, ad esempio, consentono al dipendente di interrompere il rapporto di lavoro senza alcun preavviso, oltre a beneficiare della relativa indennità per il mancato preavviso nonché dell’indennità di disoccupazione Naspi laddove ne soddisfi i requisiti.

C’è molta differenza quindi tra le normali dimissioni e quelle motivate da giusta causa (che seguono un iter leggermente differente): è logico quindi chiedersi per quali ragioni è possibile licenziarsi in tronco nonché quando il mancato pagamento di uno o più stipendi rientra tra queste circostanze.

Dimissioni per giusta causa nel caso di mancato pagamento dello stipendio

Ai sensi dell’articolo 2094 del Codice civile, si definisce lavoratore dipendente chi “si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.

La retribuzione, quindi, è uno degli elementi essenziali del rapporto di lavoro subordinato, senza la quale questo non ha ragione di esistere. Ecco perché il mancato pagamento degli stipendi, nonché di qualsiasi altro emolumento compreso nella retribuzione, (come ad esempio straordinari, tredicesima e quattordicesima) costituisce un inadempimento talmente grave da legittimare il dipendente a rassegnare le dimissioni per giusta causa, in quanto viene meno il rapporto di fiducia tra azienda e lavoratore.

Dopo quanti stipendi è possibile dimettersi per giusta causa?

Fermo restando il diritto di ogni dipendente di ricevere lo stipendio entro un certo termine (la scadenza è solitamente indicata dal contratto collettivo o comunque da quello individuale) possono comunque essere ammessi dei ritardi.

Anche se è meglio che non capiti, infatti, potrebbe succedere che un mese il datore di lavoro non paghi lo stipendio entro la scadenza, ma ciò non significa che il dipendente sia fin da subito autorizzato a rassegnare le dimissioni.

Quando si è trovata a giudicare su eventuali dimissioni per giusta causa rassegnate per mancato pagamento dello stipendio, infatti, la giurisprudenza ha precisato che affinché tale inadempimento possa legittimare il licenziamento in tronco è necessario che la condotta del datore di lavoro sia reiterata.

Alla luce dei principi di correttezza e buona fede, infatti, uno stipendio non pagato (a patto che venga liquidato il prima possibile) può essere un’inadempienza “accettabile”: ben diverso quando invece il mancato pagamento delle retribuzioni diventa un’abitudine, allora sì che il dipendente può dimettersi motivando la propria decisione con la giusta causa.

Ricapitolando, la giurisprudenza - come nel caso della sentenza n. 6437 del 2020 della Corte di Cassazione - non specifica dopo quanti mesi di stipendio non pagato è consentito dimettersi per giusta causa, non indicando un numero valido per ogni fattispecie, ma sottolinea che:

  • se l’inadempienza è per un breve periodo, le dimissioni per giusta causa sono contestabili, in quanto la decisione del lavoratore contrasta i principi di correttezza e buona fede;
  • diversamente, se l’inadempienza è reiterata, le dimissioni per giusta causa sono legittime.

Quindi, se il numero di stipendi non pagati è sufficiente per supportare la giusta causa verrà definito di volta in volta. Sarà discrezione del dipendente valutare se sussiste il reiterato inadempimento e in tal caso rassegnare le dimissioni per giusta causa. Nulla però vieta al datore di lavoro, laddove contesti le ragioni di tale scelta, di opporsi alle dimissioni per giusta causa: in tal caso sarà l’organo incaricato di gestire il contenzioso a valutare se per ci sono sufficienti stipendi non pagati per riconoscere la colpa del datore nell’interruzione del rapporto.

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