Un team di analisti riflette sulla gravità della crisi del debito Usa: può davvero causare uno shock ai mercati finanziari? Cosa aspettarsi.
Debito Usa e tassi di interesse Fed sono i temi al centro delle preoccupazioni degli investitori.
La potenza statunitense è osservata speciale in questo cruciale momento in cui i rendimenti del Treasury oscillano con picchi da record e la banca centrale ha sposato la politica monetaria aggressiva.
La volatilità nel mercato, un tempo stabile, di 25.700 miliardi di dollari per il debito del Tesoro americano è esplosa quest’anno, spinta in parte dai dubbi sulla capacità degli investitori di assorbire un diluvio di offerta prevista.
Ma gli investitori dovrebbero preoccuparsi di una crisi del debito negli Stati Uniti? E comunque, quanto davvero il debito è “troppo”? Un team di analisti di Citigroup guidato da Nathan Sheets, capo economista statunitense della banca ed ex funzionario del Dipartimento del Tesoro, ha cercato di rispondere a queste domande, e ad altre, in un recente rapporto condiviso da Marketwatch.
Debito Usa fuori controllo? L’analisi per evitare lo shock
Nelle prime righe del rapporto, il team di Citi ha condiviso una conclusione inquietante: il mondo non saprà quale livello di debito sia da considerare insostenibile, fino a quando non sarà troppo tardi.
“Con l’aumento dei livelli di debito, non abbiamo modo di prevedere le soglie di pericolo o l’importo del debito che è semplicemente ’troppo’. Ma non è saggio che i politici sperimentino o verifichino dove potrebbero trovarsi queste soglie”, ha affermato il team.
“A nostro avviso, il percorso prudente per la politica fiscale è, come minimo, quello di non spingere ulteriormente il debito verso l’alto rispetto ai livelli elevati di oggi. Anche così, abbiamo poche speranze di intraprendere azioni correttive significative nel prossimo futuro”, ha aggiunto la squadra di esperti.
In assenza di una capacità di previsione, quindi, la scelta più saggia è la prudenza. Il momento, infatti, è particolarmente pericoloso. L’onere del debito statunitense è cresciuto notevolmente dall’inizio della pandemia.
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Secondo i calcoli di Citi, il debito del governo federale americano in percentuale del Pil è aumentato dall’80% – già elevato rispetto alla storia – a quasi il 100%. Attualmente si trova al suo livello più alto dagli anni ’40. A questo punto, è praticamente garantito che il rapporto debito/Pil supererà il precedente picco successivo alla Seconda Guerra Mondiale e salirà al 115% nel prossimo decennio.
Il Congressional Budget Office prevede un deficit cumulativo degli Usa di circa 20mila miliardi di dollari.
Come fare per ridurre in modo intelligente questo debito? Il problema più grande, secondo Citi, è che né i democratici né i repubblicani sembrano disposti a tagliare la spesa. Mentre i democratici hanno spinto per aumentare le tasse, i repubblicani sono più concentrati sul tagliarle o sul mantenimento dei precedenti tagli fiscali adottati sotto l’ex presidente Donald Trump.
I diritti, in particolare la previdenza sociale, rappresentano il peso maggiore del bilancio americano, ma la quota di spesa per la difesa non è minuscola. È probabile che per riformare la spesa siano necessari tagli ai diritti civili e alla difesa.
“A nostro avviso, un rimedio adeguato richiederà una combinazione di tasse più elevate e riduzione delle spese. In particolare, per ottenere slancio sulla spesa è probabile che siano necessarie dure riforme dei diritti e della difesa, che comprendono circa i tre quarti della spesa federale”, ha affermato il team di Citi.
Perché preoccupa il debito Usa
Le preoccupazioni sull’offerta di titoli del Tesoro sono state le più pressanti durante l’estate in seguito alla decisione di Fitch Ratings di privare gli Stati Uniti del rating di credito AAA. Quella decisione è stata seguita in breve tempo da uno degli annunci di rimborso trimestrali del Tesoro, in cui un aumento delle proiezioni di emissione di debito ha attirato l’attenzione degli orsi dei bond.
Sebbene le preoccupazioni sull’offerta del Tesoro abbiano avuto un posto di rilievo nei commenti di investitori di alto profilo come Bill Ackman e Paul Tudor Jones, il team di Citi le considera di secondo ordine.
Il loro accento si posa più sull’aumento del premio a termine e sui dati dell’economia statunitense, poiché esercitano maggiore influenza sui rendimenti e sui prezzi delle obbligazioni, come ha affermato anche il presidente della Federal Reserve Jerome Powell.
“…Non vediamo prove concrete che l’offerta sia il motore principale dei rendimenti; riteniamo piuttosto che l’offerta sia un fattore aggiuntivo, con il driver principale rappresentato dalla forza prevista dell’economia nel futuro e dall’aspettativa di un tasso neutrale più elevato nell’economia. Negli ultimi mesi, il premio a termine – il compenso extra richiesto dagli investitori per detenere un’obbligazione a lungo termine invece di una serie di obbligazioni a breve termine – è aumentato, a causa di una combinazione di questi fattori”, ha affermato il team di Citi.
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