Il grande schiaffo del governo Meloni a UniCredit e al CEO Orcel. La decisione sul golden power con i paletti sui BTP. Che fine fa l’OPS su Banco BPM?
Alla fine, lo schiaffo del governo Meloni al CEO di UniCredit Andrea Orcel, ’colpevole’ di aver lanciato una OPS su Banco BPM, è arrivato.
Con un comunicato diramato nella serata di venerdì scorso, 18 aprile, Palazzo Chigi ha annunciato che il Consiglio dei ministri ha preso la decisione di esercitare il golden power, mettendo chiari paletti a quelle nozze tanto auspicate da Orcel che, fin dall’inizio, si erano presentate agli occhi del governo italiano alla stregua del classico matrimonio che non s’ha da fare.
D’altronde, in quei mesi, proprio Banco BPM era stata indicata da Palazzo Chigi come il cavaliere perfetto che avrebbe potuto convolare a nozze con MPS, -Banca Monte dei Paschi di Siena, dopo lo shopping delle azioni del Monte fatto da Piazza Meda, così come dalla controllata Anima, da Francesco Gaetano Caltagirone e dalla holding della famiglia Del Vecchio Delfin, in occasione del terzo atto di privatizzazione della banca senese varato dal Tesoro-MEF di Giancarlo Giorgetti, appena qualche giorno prima.
Con l’OPS annunciata su BAMI, UniCredit aveva dunque ufficialmente strappato dalle mani dell’esecutivo la pedina perfetta da muovere per risolvere il caso MPS, preda da rifilare a tutti i costi a un’altra banca italiana (prima della grande metamorfosi del Monte in inaspettato predatore di Mediobanca, qualche mese più tardi).
UniCredit-Banco BPM, arriva lo schiaffo golden power di Meloni, da sempre contro le nozze
La stangata del golden power si è dunque palesata, con il CDM che “ ha deliberato di esercitare, a tutela di interessi strategici per la sicurezza nazionale, i poteri speciali nella forma dell’imposizione di specifiche prescrizioni, in relazione all’offerta pubblica di scambio volontaria su tutte le azioni ordinarie di Banco BPM S.p.a. da parte di UniCredit S.p.a”.
In poche parole, invocando il golden power, il governo Meloni ha posto paletti ben precisi all’operazione di M&A con cui, lo scorso 25 novembre 2024, Orcel ha aperto ufficialmente a Piazza Affari la prima grande partita di risiko bancario, lanciandosi alla conquista del Banco, istituto di credito guidato dall’AD Giuseppe Castagna, il cui pacchetto di maggioranza è nelle mani dei francesi di Crédit Agricole.
Quell’annuncio ha fatto andare subito su tutte le furie, in particolare, il vicepremier, leader della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che si è accanito contro le nozze tra le due banche al punto da arrivare a etichettare UniCredit, addirittura, “una banca straniera”, agitando il rischio che i risparmi italiani potessero andare a finire chissà in quali mani straniere.
Lo stesso rischio è stato poi sbandierato dal governo Meloni, ma anche da gran parte della politica italiana, quando è arrivata la notizia dell’accordo siglato tra Assicurazioni Generali e i francesi di Natixis, tanto che il CEO del Leone Philippe Donnet, più volte è stato costretto a salire in cattedra, per spiegare a tutta l’Italia il significato di quell’intesa.
Non sia mai, è stato il grido che si è levato da più parti all’annuncio del Leone di Trieste. Grido che, secondo alcuni, spiegherebbe la ratio della seconda grande partita di risiko di Piazza Affari: quella dell’OPS che, lo scorso 24 gennaio 2025, MPS-Monte dei Paschi di Siena ha lanciato su Mediobanca, azionista di maggioranza di Generali Assicurazioni.
Puntualmente, nuovi alert sulla fine dei BTP e dei cosiddetti risparmi degli italiani hanno continuato a essere lanciati dal governo Meloni, con tanto di worst case scenari a danno dell’Italia, fino a portare una Generali evidentemente stremata, dopo essere stata messa sotto assedio, a sfornare un grande annuncio avente per oggetto proprio la sua strategia sui Titoli di Stato Italiani.
Chi sperava che a quel punto la situazione si sarebbe calmata si è dovuto immediatamente ricredere, viste le recenti dichiarazioni di Salvini, sull’attenti in vista del grande appuntamento per il mondo della finanza italiana: quello, ormai imminente, dell’assemblea degli azionisti del Leone.
La doppia ossessione del governo Meloni: i risparmi degli italiani e i BTP agli italiani
Detto questo, il governo Meloni avrà probabilmente storto il naso anche di fronte all’altro blitz di Orcel che, non contento di aver messo nel mirino Banco BPM, ha annunciato di aver lanciato un blitz anche su Generali, con il CEO Andrea Orcel che ha scoperto altre nuove carte sul tavolo.
Tutte manovre, quelle di Orcel, - impegnato anche in Germania con il dossier Commerzbank, che ha subito indispettito il governo di Berlino (quello vecchio di Olaf Scholz, e molto probabilmente anche il nuovo di Friedrich Merz) - che hanno irritato evidentemente così tanto il governo Meloni al fine da convincerlo a fare per l’appunto la grande mossa: quella di applicare il golden power con prescrizioni all’OPS lanciata da UniCredit su Banco BPM.
Cosa significa? Significa che, in nome dell’esigenza di tutelare i risparmi degli italiani, e di portare evidentemente a compimento la strategia tra le principali dell’esecutivo, quella racchiusa nello slogan della stessa presidente del Consiglio “Più Titoli di Stato nelle mani degli italiani”, se proprio vorrà conquistare Banco BPM Piazza Gae Aulenti dovrà osservare alcune condizioni: tra queste, quella che appare un vero rospo da ingoiare, ovvero l’obbligo di congelare per un periodo di cinque anni gli investimenti di Anima in BTP.
Il debito pubblico alla Patria si conferma dunque tra i pilastri più importanti della politica economica del governo Meloni, come emerge d’altronde da quella grande scommessa che prende il nome di BTP Valore, giunto alla sua quinta edizione, di recente, con il BTP Più.
Il diktat di Meloni & Co. a UniCredit: obbligo di non vedere i BTP in pancia ad Anima per cinque anni
Vale la pena di ricordare, infatti che, in caso di successo dell’OPS lanciata su Banco BPM, che da poco ha concluso l’OPA con cui ha messo nel mirino la SGR Anima Holding, UniCredit avrà il controllo anche del cosiddetto gioiello italiano del risparmio gestito: gioiello ancora più caro al governo Meloni, per aver canalizzato i risparmi degli italiani verso i BTP, ergo verso il debito pubblico.
Quegli investimenti di Anima in BTP, è il diktat di Meloni & Co. non dovranno essere toccati per cinque anni.
C’è poi, tra i paletti, anche l’obbligo imposto a Piazza Gae Aulenti di uscire dalla Russia.
Tutte prescrizioni imposte unilateralmente, in nome dell’esercizio del golden power, che hanno già creato tensioni all’interno dello stesso governo Meloni. Si è fatta sentire subito, infatti, la voce del vicepremier, segretario di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha ribadito quanto aveva detto già in passato, ovvero, che deve essere il mercato, a decidere, non Palazzo Chigi: “Tocca alla finanza decidere, non all’esecutivo”. Per Tajani, usare il golden power è insomma “sbagliato, lo Stato non deve intervenire”.
Questo, mentre Piazza Affari a questo punto inizia a chiedersi se l’OPS, a questo punto, davvero si farà. La reazione di UniCredit alla notizia relativa all’applicazione del golden power non è tardata ad arrivare.
Con un comunicato diramato in data 18 aprile, la stessa in cui il governo Meloni ha fatto il suo grande annuncio, Piazza Gae Aulenti ha reso noto di “aver ricevuto in data odierna copia dell’approvazione Golden Power”, aggiungendo che “l’Offerta è approvata con prescrizioni il cui merito non è chiaro ”, e sottolineando che “UniCredit si prenderà il tempo necessario per valutare la fattibilità e l’impatto delle prescrizioni sulla società, sui suoi azionisti e sull’operazione di M&A, relazionandosi, se del caso, con le autorità competenti”.
Tutto, all’interno di una cornice fatta di continui botta e risposta tra il CEO Andrea Orcel e l’AD di Banco BPM Giuseppe Castagna sul presunto prezzo giusto.
UniCredit-Banco BPM, la rabbia di Orcel: “uso dei poteri speciali non è comune e non è chiaro”
Oggi, martedì 22 aprile 2025, UniCredit ha messo nero su bianco i paletti che il governo Meloni ha imposto all’OPS lanciata sul Banco:
“Come già comunicato, venerdì 18 aprile UniCredit ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il decreto relativo al procedimento Golden Power, che prevede una serie di prescrizioni relative alla prosecuzione dell’Offerta”, ha esordito la banca capitanata dal CEO Andrea Orcel, elencando i paletti:
“In sintesi, si tratta di vincoli (i) sulle modalità di gestione delle future attività creditizie e della liquidità dell’entità combinata, (ii) sul diritto di cedere partecipazioni e di gestire in modo appropriato gli asset in gestione di Anima e (iii) sulle attività di UniCredit in Russia”.
UniCredit ha ribadito al contempo “la chiara intenzione di mantenere o incrementare l’esposizione dell’entità combinata alle PMI e di supportarle ulteriormente con le proprie fabbriche prodotto di eccellenza”, rimarcando l’impegno “a gestire gli asset in gestione dei suoi clienti nel loro migliore interesse”.
Per quanto riguarda il nodo Russia, la banca ha ribadito che “ si impegna a continuare a ridurre la propria presenza in Russia, già diminuita del 90% circa negli ultimi tre anni , in linea con la decisione della BCE”.
Non è mancato l’appunto contro la decisione del governo Meloni:
“L’uso dei poteri speciali in un’operazione domestica tra due banche italiane non è comune e non è chiaro perché sia stato invocato in relazione a questa specifica operazione, ma non per le altre operazioni simili attualmente in corso sul mercato italiano. Inoltre, le prescrizioni si prestano a diverse interpretazioni e appaiono non completamente allineate con la legislazione italiana e comunitaria, oltre che con le decisioni delle autorità regolamentari”.
E ancora: “ Le prescrizioni imposte a UniCredit, potrebbero danneggiare la sua piena libertà e capacità di adottare decisioni conformi ai principi di sana e prudente gestione in futuro, e persino portare a risultati non voluti (ad esempio l’imposizione di sanzioni a UniCredit a causa della presunta mancata osservanza di una qualsiasi delle prescrizioni)”.
UniCredit ha sottolineato che, “al di là del diritto previsto in generale di chiedere all’autorità di riconsiderare la decisione emessa, il decreto contempla espressamente la possibilità per UniCredit di riferire immediatamente all’autorità se non le fosse possibile attuare - in tutto o in parte - le prescrizioni”, informando il mercato di avere “prontamente risposto all’autorità esprimendo il proprio punto di vista sul decreto e resta in attesa di un riscontro”.
In conclusione, “fino ad allora, UniCredit non è in grado di prendere alcuna decisione definitiva sulla strada da seguire in merito all’Offerta”.
Ma il rischio che l’OPS di Orcel possa saltare in aria c’è eccome.
D’altronde, è stato lo stesso Ronaldo dei banchieri Andrea Orcel a far notare nelle ultime settimane come una operazione di M&A non debba essere considerata mai un percorso obbligato, e come, nel caso specifico, UniCredit potrebbe comunque anche rinunciare alla conquista di Banco BPM, senza grandi traumi. Tutt’altro, visto che la solidità della banca è tale da non rendere le sue sorti dipendenti da qualsiasi operazione di M&A, per quanto importante e per quanto desiderata possa essere.
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