Terzo taglio tassi Fed in arrivo? L’outlook su cosa farà e dirà Powell, mentre si paventa per il 2025 il worst case scenario (anche per la BCE).
Dopo l’ultimo atto del 2024 della BCE, sta per arrivare anche l’ultima decisione sui tassi di questo anno della Fed di Jerome Powell.
Il Fed Day è stato fissato per la giornata di dopodomani, mercoledì 18 dicembre quando, alle 20 ora italiana e al termine di due giorni di riunioni del FOMC, il braccio di politica monetaria della Banca centrale americana, i mercati conosceranno il verdetto.
Dopo mezz’ora, alle 20.30 circa, il presidente Powell prenderà la parola, illustrando i motivi alla base della sua decisione che sarà, secondo diversi economisti e secondo quanto prezzato dai mercati, di un nuovo taglio dei tassi di 25 punti base.
Terzo taglio tassi Fed blindato? Attenti all’inflazione USA
Indicazioni non proprio confortanti sono arrivate dal dato relativo all’inflazione degli Stati Uniti che è stato pubblicato la scorsa settimana: l’indice CPI (Consumer Price Index), indice dei prezzi al consumo, relativo al mese di novembre che, su base annua, ha accelerato il passo.
Di fatto, l’inflazione CPI headline è salita del 2,7%, rispetto al 2,6% di ottobre e al ritmo più alto dal mese di luglio, mentre la componente core ha riportato una crescita annua pari a +3,3%: trend in entrambi i casi troppo solidi rispetto al target dell’inflazione messo nel mirino dalla Federal Reserve che, così come nel caso della BCE di Christine Lagarde, è pari al 2%.
La pubblicazione dell’indicatore ha, di conseguenza, riattivato i vari segnali di allarme già lanciati ormai già da un po’ dagli strategist ed esperti di mercato. Si tratta di segnali che risalgono a una data ben precisa: quella del 5 novembre 2024, quando il mondo intero ha appreso i risultati delle elezioni presidenziali USA, ergo la notizia della vittoria del tycoon repubblicano Donald Trump.
Già nei giorni precedenti economisti e analisti avevano lanciato l’alert parlando del presunto effetto inflazionistico che una seconda presidenza americana di Donald Trump avrebbe prodotto - e produrrebbe - sull’economia degli States: questo scenario è stato confermato successivamente più volte anche se, per ora, si rimane nel regno delle ipotesi, visto che il presidente eletto non è ancora salito alla Casa Bianca e visto, dunque, che nessun annuncio ufficiale relativo a quella politica economica che Trump intende varare, è finora arrivato.
Con Trump ultimo o ultimi tagli dei tassi in arrivo? Su cosa scommettono i mercati
Certamente si può ipotizzare, così come è stato già fatto, che le manovre di politica fiscale espansiva che il tycoon ha detto di voler varare tutto faranno se non imbrigliare la crescita dell’inflazione, che in America rimane ancora solida: piuttosto, come insegna l’economia, il contrario, al punto che le colombe temono che quelli che Powell annuncerà probabilmente in questa ultima riunione del 2024 e nelle prime del 2025 saranno gli ultimi tagli dei tassi.
Poi, il timoniere della Fed dovrà molto probabilmente fermarsi, optando all’inizio per una strategia wait and see, ovvero all’insegna dell’attendismo, per monitorare l’impatto dei provvedimenti del prossimo inquilino della Casa Bianca sul trend dei prezzi.
Per ora, i mercati sembrano abbastanza sicuri del terzo taglio dei tassi firmato da Powell di 25 punti base, successivo all’ultimo, sempre di 25 pb, annunciato poco dopo la notizia della vittoria alle elezioni USA di Donald Trump; poco prima, la Fed aveva annunciato un Jumbo Cut di 50 punti base.
Il terzo taglio imminente di 25 pb da parte della Fed porterebbe i tassi sui fed funds a scendere al range compreso tra 4,25% e il 4,5%.
Le speculazioni sono decisamente alte, come conferma lo strumento FedWatch della società CME Group: la probabilità di una nuova sforbiciata di 25 punti base viene indicata al 98,4%.
Detto questo, un conto è cosa farà la Fed tra due giorni, un altro è che cosa dovrebbe fare.
La questione è stata affrontata da un articolo di Bankrate, che ha messo in evidenza come il dibattito, tra gli esperti, sia più acceso di quanto le cifre relative alla probabilità di un nuovo taglio possano far pensare.
Taglio tassi USA davvero necessario? Occhio alla forza del PIL e del mercato del lavoro USA
Per esempio, il team di KPMG guidato da Yelena Maleyev ha paragonato la decisione imminente sui tassi da parte della Fed all’esito di un testa o croce.
Maleyev si è riferita alla forza del PIL americano che, nel terzo trimestre del 2024, è cresciuto al ritmo annuo del 2,8%, mettendo in evidenza una economia non proprio in condizioni tali da avere bisogno di un sostegno di politica monetaria.
L’economista ha ricordato anche la resilienza del mercato del lavoro, certificata da una crescita delle nuove buste paga, che è stata superiore alle 200.000 unità nel mese di novembre: altra prova di come non si possa parlare certo di crisi, tale da avallare una raffica di tagli dei tassi firmata Powell.
Nella giornata di dopodomani, una grande novità arriverà sicuramente con la pubblicazione delle nuove proiezioni economiche che la Fed include nel rapporto Summary of Economic Projections, che saranno aggiornate per la prima volta dal mese di settembre, quando era emerso come le aspettative degli esponenti del FOMC fossero di quattro tagli dei tassi nel corso del 2025.
Tra i membri della Commissione, sei avevano detto di prevedere per l’anno prossimo cinque tagli dei tassi, mentre altri due ne avevano messi in conto addirittura sei.
Allo stato attuale delle cose, è improbabile che queste stime vengano confermate. Tra l’altro, è stato di recente lo stesso Jerome Powell ad affermare che “la crescita è senza alcun ombra di dubbio più forte di quanto pensassimo, e l’inflazione si sta confermando lievemente più alta”.
Di conseguenza, ha aggiunto il timoniere della Fed, “possiamo permetterci di essere un po’ più cauti, mentre cerchiamo di raggiungere il livello neutrale (dei tassi)”.
Ma cauti fino a che punto?
Le previsioni sui tassi decisi dalla Fed che spaventano (anche la BCE)
Spaventerà sicuramente le colombe leggere la nota di Scott Anderson, responsabile economista e managing director di BMO, che ha affermato che alcuni suoi modelli stanno lanciando un messaggio, o avvertimento, ben preciso: quello secondo il quale l’inflazione, negli Stati Uniti, potrebbe tornare a rivedere addirittura i livelli massimi testati nel 2022, nel caso in cui l’amministrazione Trump annunciasse dazi universali su tutti i partner commerciali degli USA, imponendo contestualmente tariffe aggiuntive contro i beni che gli States importano dal Messico, dal Canada e dalla Cina.
“Se venissero applicati tutti questi dazi, l’abilità della Fed di tagliare i tassi potrebbe essere interessata da un punto di svolta”.
Di fatto, ha spiegato Anderson, “non possiamo escludere la possibilità che la Fed torni a essere costretta a rialzare i tassi, nel caso in cui si concretizzasse il worst case scenario ”.
Anche gli analisti di UniCredit non hanno escluso la possibilità che i tassi di interesse degli Stati Uniti tornino a essere alzati.
Nel presentare uno scenario di rischio al rialzo, gli esperti hanno avvertito che i tassi sui fed funds USA potrebbero tornare a salire già dalla seconda metà del 2025.
Il motivo? Ancora l’effetto delle scelte di politica economica di Trump, che potrebbero mettere il turbo al PIL Usa.
Se poi l’amministrazione Trump varasse interventi di politica fiscale espansiva di una portata fino al 5% del PIL, rispetto allo scenario di base degli analisti, che è pari al 2%, e se con questi ulteriori stimoli il PIL USA scattasse fino a +1,5% su base cumulativa nell’arco di due anni e su base reale, esercitando una pressione rialzista sull’inflazione, facendola salire di qualcosa come 0,3-0,4 punti percentuali circa ogni anno, la Fed sarebbe costretta inevitabilmente ad agire.
Secondo le previsioni di UniCredit, sforbiciati i tassi di interesse fino al 3,75%-4% nel primo semestre dell’anno prossimo, la Fed potrebbe così lanciare nuove strette monetarie anti-inflazione, “ probabilmente di 100-150 punti base ”.
Una tale decisione finirebbe per angosciare anche le colombe che guardano alla BCE, che già non hanno gradito affatto le dichiarazioni che la presidente dell’Eurotower Christine Lagarde ha rilasciato in occasione dell’ultima conferenza stampa, successiva all’annuncio sui tassi, del 2024, quando si è ostinata a rimarcare che non è ancora il caso di sbandierare la frase “Mission Accomplished” nei confronti dell’inflazione dell’area euro.
Con una Fed pronta a riaffilare le unghie contro il trend dei prezzi, a essere in pericolo potrebbero essere di fatto anche ulteriori tagli dei tassi da parte della BCE, che dovrebbe inevitabilmente tenere in considerazione il “probabile deprezzamento dell’euro”. E fermare anch’essa prima del previsto l’entità dei tagli.
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