Assenza al lavoro, come giustificarla per evitare una sanzione? Ecco cosa deve fare il lavoratore dipendente.
Giustificare l’assenza al lavoro è molto importante, specialmente con l’entrata in vigore delle nuove regole disposte dal Collegato lavoro. Qui, infatti, viene stabilito che quando l’assenza ingiustificata si protrae per oltre 15 giorni viene presunta la volontà del lavoratore di rassegnare le dimissioni. Ciò significa che il contratto di lavoro si interrompe e viene persino meno la possibilità di fare richiesta di Naspi che ricordiamo non spetta ai dimissionari.
Ma anche quando l’assenza ingiustificata dura meno di 15 giorni ci sono delle conseguenze a partire dal fatto che questa oltre a non essere retribuita, e a non far parte di quei periodi in cui si matura tredicesima e quattordicesima, può comunque essere causa di sanzione disciplinare.
Per questo motivo è bene essere informati su come giustificare l’assenza, nonché come - e soprattutto quando e con quanto preavviso - informare l’azienda del fatto che non vi recherete al lavoro.
Come vedremo di seguito, sono diversi gli strumenti che consentono al lavoratore di assentarsi dal lavoro e, a seconda delle situazioni, ci sono delle assenze che vengono comunque retribuite, seppur parzialmente in alcuni casi, e altre che pur essendo giustificate non prevedono il pagamento dello stipendio.
Districarsi tra le norme del lavoro può essere complicato per il lavoratore, il quale in caso di assenza potrebbe trovarsi in difficoltà nel trovare una soluzione con cui darne giustificazione. A tal proposito, ecco un elenco su quali sono questi strumenti utili, come pure su quali sono a riguardo gli obblighi del lavoratore.
Assenza dal lavoro: le soluzioni per giustificarla e non perdere lo stipendio
Sono diverse gli strumenti riconosciuti dal legislatore al fine di dare una giustificazione all’assenza sul lavoro. Soluzioni che variano a seconda della motivazione che porta il dipendente ad astenersi dall’attività lavorativa.
Ad esempio, in caso di malattia vi è per il dipendente la facoltà di assentarsi dal lavoro per tutto il tempo necessario alla guarigione, percependo nel contempo un’indennità sostitutiva di malattia erogata dall’Inps. Vi è però il dovere di essere reperibile negli orari delle visite fiscali, come pure di non fare nulla che possa essere d’ostacolo a una rapida guarigione.
Tra le casistiche che rientrano nell’indennità di malattia Inps c’è anche quella del dipendente che si assenta a causa di una depressione.
Esistono, anche, una serie di permessi e congedi retribuiti, i quali si possono così sintetizzare:
- congedo matrimoniale, da richiedere nel periodo successivo alle nozze, della durata di 15 giorni;
- congedo di maternità, obbligatorio, di cinque mesi per chi sta diventando mamma;
- congedo di paternità, obbligatorio, di dieci giorni, per chi è diventato papà;
- congedo parentale, per un periodo complessivo - tenendo dunque conto di entrambi i genitori - che non può superare i 10 mesi, o 11 mesi qualora il padre fruisca di almeno 3 mesi di congedo. Il congedo parentale è retribuito, in presenza di determinate condizioni, fino agli 8 anni del figlio;
- permessi retribuiti: tra Rol e permessi per ex festività, il dipendente potrebbe aver maturato dei giorni di permesso di cui usufruire in determinate occasione, come appunto quando improvvisamente ha necessità di assentarsi dal lavoro per un motivo che non rientra nelle casistiche suddette;
- congedo per lutto: la legge riconosce tre giorni lavorativi all’anno di permesso retribuito per lutto familiare;
- permessi studio: è possibile assentarsi anche per motivi legati a un percorso formativo intrapreso dal dipendente, per un massimo però di 150 ore annue individuali;
- permessi legge 104/1992: tre giorni di permesso ogni mese a coloro che devono assistere familiari con handicap in condizione di gravità;
- congedo per assistere familiari con handicap: questo ha una durata di due anni, è retribuito, e può essere fruito anche in maniera frazionata.
In alternativa, qualora non ci sia nessuna soluzione adatta tra quelle sopra indicate, è possibile richiedere uno o più giorni di ferie, sempre se maturate ovviamente.
Assenza dal lavoro: quando è giustificata ma non retribuita
Ci sono dei casi, invece, in cui l’assenza è solamente giustificata, ma non dà diritto alla retribuzione. Il dipendente, dunque, non deve temere una sanzione per assenza ingiustificata, tuttavia deve rinunciare allo stipendio nella giornata - o nelle giornate - in cui si astiene dall’attività lavorativa.
È il caso, ad esempio, dei permessi per la malattia del figlio, con il dipendente che pur giustificato per il dover assistere il figlio malato non verrà pagato, né dal datore di lavoro né dall’Inps, nei giorni di assenza.
Ci sono poi dei permessi non retribuiti, i quali solitamente vengono disciplinati dai contratti nazionali per il lavoro. Al dipendente viene dunque data la possibilità di giustificare la propria assenza per un certo numero di giorni l’anno, ma in queste giornate perderà il diritto alla retribuzione e alla relativa contribuzione previdenziale.
Vi è poi il congedo per gravi motivi familiari, il quale può essere richiesto dal lavoratore dipendente, anche in maniera frazionata, per un massimo di due anni, in presenza di una grave situazione che riguarda da vicino il coniuge, la parte dell’unione civile, i figli anche adottivi, i genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle anche non conviventi, nonché i portatori di handicap parenti o affini entro il terzo grado.
Assenza ingiustificata: cosa rischia il dipendente?
Assentarsi dal lavoro è dunque possibile, ma giustificare l’assenza è sempre obbligatorio, così come darne preventiva comunicazione al datore di lavoro.
Diversamente, si parla di assenza ingiustificata, e in questo caso il dipendente oltre a non avere diritto alla retribuzione, né a qualsiasi altro emolumento a questa collegato, rischia anche di essere soggetto a una sanzione disciplinare da parte del datore di lavoro. Sanzione che, a seconda della gravità della situazione, può anche portare al licenziamento per giusta causa.
Come anticipato poi con l’entrata in vigore del cosiddetto Collegato lavoro, quando l’assenza ingiustificata dura per più di 15 giorni scattano le dimissioni del lavoratore, il quale non potrà neppure fare domanda di Naspi.
Assenza dal lavoro: gli obblighi del dipendente
Alla luce di quanto detto, è importante che il dipendente che si assenta dal lavoro rispetti determinati obblighi. Intanto è bene comunicare immediatamente al datore di lavoro il motivo per cui non ci si presenta, e di farlo non appena si verifica l’evento che giustifica l’assenza.
Ad esempio, se vostro figlio ha la febbre e pensate che il giorno dopo non potrete recarvi al lavoro, è opportuno informare fin da subito l’azienda, senza aspettare la mattina successiva.
È ovvio che nel caso di evento improvviso la comunicazione all’azienda verrà data a ridosso dell’assenza, ma quando possibile è sempre bene osservare un periodo di preavviso così che l’azienda possa organizzarsi.
Ricordate poi di consegnare al datore di lavoro tutta la documentazione necessaria per giustificare l’assenza. Ad esempio, in caso di assenza per malattia bisognerà comunicare il numero di protocollo del certificato telematico inviato dal medico.
Per ogni tipo di assenza legata a un particolare evento, come può essere il caso del permesso studio, oppure del permesso per lutto, bisognerà dunque consegnare idonea certificazione al datore di lavoro, o in alternativa una dichiarazione sostitutiva.
© RIPRODUZIONE RISERVATA