Perché i BTP (e non solo) crollano, occhio allo spread

Laura Naka Antonelli

3 Marzo 2025 - 18:16

BTP e bond euro ostaggio non solo di ansia inflazione e tassi BCE, ma ora anche di quanto si sta decidendo ai piani alti dell’UE. Cosa sta succedendo?

Perché i BTP (e non solo) crollano, occhio allo spread

Cosa sta succedendo ai BTP e ai titoli di Stato dell’area euro? E occhio allo spread BTP-Bund, tornato a sforare la ormai famosa soglia del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti.

Proprio nella settimana del secondo BCE Day del 2025, una forte carica di sell si abbatte contro i bond sovrani dell’Eurozona, in misura più importante sui titoli di Stato italiani, che vengono bastonati in misura più significativa rispetto agli altri bond sovrani.

Oggi i BTP hanno fatto anche peggio rispetto agli altri titoli del blocco: i sell sulla carta italiana hanno portato i rendimenti a schizzare di ben 13 punti base, al 3,60% (nei massimi intraday si era arrivati anche al di sopra di questa soglia psicologica).

La tensione ha colpito anche i Bund (+10 punti base, al 2,49%), gli OAT francesi (+9 punti base al 3,22%), i titoli di Stato del Belgio (+9 punti base al 3,06%), i Bonos spagnoli (+7 punti base al 3,07%).

Il motivo di tanta ansia? La risposta è nel piano ambizioso per la difesa che l’Unione europea, per voce della presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, si appresta a presentare giovedì 6 marzo: tra l’altro proprio nel giorno del secondo BCE Day dell’anno. Giorno clou, per Bruxelles, che forgerà molto probabilmente il destino di tutta l’Europa, a quanto pare pronta a darsi un piano per riarmarsi, di fronte a un quadro geopolitico che si fa sempre più teso, a fronte, anche e soprattutto, di una America che non è più quella pronta a sfornare bazooka militari come in passato.

Il conto che gli USA di Donald Trump presentano all’Europa è salato, sia sotto forma di più dazi, sia sottoforma di più spese militari. Già da un po’ il presidente degli Stati Uniti ha suonato la sveglia all’UE, con pressioni continue affinché gli alleati della NATO aumentassero le spese per la difesa in modo significativo.

Inoltre, l’alta tensione esplosa la scorsa settimana tra il presidente ucraino Zelensky e Trump ha a quanto pare suonato in modo ancora più importante il campanello d’allarme che da un po’ agita l’Europa: quello di vedersi abbandonata dagli Stati Uniti nel suo sforzo volto ad aiutare l’Ucraina e, di conseguenza, anche nel suo sforzo di proteggere se stessa dalla minaccia mai rientrata di una Russia pronta a guardare oltre alla conquista di Kiev.

Di conseguenza, dal summit di Londra della giornata di ieri è emersa chiaramente non solo l’intenzione, ma anche il senso di urgenza dell’UE, di dotarsi almeno di un piano di difesa proprio, tutto made in Europe.

Ma un piano del genere dovrebbe essere ovviamente finanziato, con esigenze di finanziamenti che costringerebbero inevitabilmente l’UE a emettere nuovo debito, dunque nuovi bond.

Proprio questa prospettiva di un’ondata di emissioni di nuovi titoli di Stato - non nuova, visto che è da settimane, se non mesi che se ne parla - al fine di finanziare le spese per la difesa torna a deprimere i bond dell’area euro, in particolare i titoli di Stato dei Paesi più indebitati.

In prima fila si mette così (di nuovo) in evidenza l’Italia, con i suoi BTP. Tra l’altro, non hanno aiutato i numeri arrivati dal fronte macroeconomico dell’area euro, che hanno messo in evidenza oggi una inflazione ancora persistente (attenti alla Germania) e non aiutano sicuramente le previsioni sulla direzione che la BCE di Christine Lagarde potrebbe decidere di dare ai tassi di interesse dell’area euro, ostaggio dell’impatto, ancora poco chiaro, della politica commerciale USA incentrata sui dazi di Trump e, dunque, di quanto deciderà di fare la Fed.

La verità è che se l’attesa di un piano UE comune per la difesa mette le ali ai titoli del settore, come Leonardo, la stessa rema contro i titoli di Stato dell’Eurozona, già mollati da un bel po’ di tempo dai vari bazooka della Banca centrale europea e ora più vulnerabili di fronte al rischio, concreto più che mai, di economie costrette a fare ancora più debito per dotarsi di un esercito comune.

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