Un’enorme - e pericolosa - bomba legata al debito privato è pronta ad esplodere. Tutta colpa degli uffici vuoti.
Nonostante la corsa del mercato azionario e la fiducia degli investitori, alimentata dalla prospettiva per la fine dei rialzi dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, le condizioni del mercato immobiliare a livello mondiale si fanno sempre più critiche.
I proprietari di grandi immobili, specialmente ad uso ufficio/commerciale, sembrano preferire fallire piuttosto che fare qualcosa per risanare il proprio debito. Da Londra ad Hong Kong, passando per New York, molti edifici ad uso ufficio o commerciali sono vuoti o affittati in minima parte.
E la situazione promette di rimanere invariata nei prossimi anni. Tutto è nato ed è stato esacerbato nel corso degli ultimi anni, quando i bassissimi tassi di interesse hanno spinto molte realtà ad indebitarsi a buon mercato ed investire, soprattutto nel mercato immobiliare. Dalla pandemia, tuttavia, i proprietari degli edifici si stanno trovando inaspettatamente a che fare con un nuovo paradigma organizzativo nel mondo del lavoro (vedi smart working), ma anche con nuove abitudini di spesa (vedi e-commerce) e di vita (vedi fuga della città). Uno scenario complicato ulteriormente dai tassi di interesse attuali, che rendono assai costose le possibili operazioni di rifinanziamento volte all’ottimizzazione dell’investimento.
Una bomba del debito pronta ad esplodere
Così, ecco servite le condizioni perfette per la formazione di una bolla del debito potenzialmente pronta ad esplodere da un momento all’altro: nei soli Stati Uniti, come riportato da Bloomberg, quest’anno scadono prestiti legati al settore immobiliare commerciale per un valore monstre di 1.400 miliardi di dollari. Al momento della scadenza, molti titolari del debito potrebbero preferire andare in default piuttosto che prendere nuova liquidità a debito, visti i tassi attuali.
Non è tutto: la situazione - a dir poco critica - degli immobili commerciali va ad aumentare lo stress sul sistema finanziario statunitense, già messo alla prova dalla crisi delle banche regionali. E con il contesto attuale che andrà via via peggiorando, è lecito attendersi un impatto profondo su alcune grandi città, che si ritroveranno con edifici vuoti e meno introiti dalle tasse sulle proprietà.
Quale impatto a livello mondiale?
Ma la criticità legata a questo specifico settore immobiliare ha davvero il potenziale per destabilizzare l’intera economia statunitense e, a cascata, quella mondiale?
Nonostante l’impeto del (possibile) scoppio della bolla, è impossibile non notare come il problema si collochi maggiormente in un contesto locale, avendo a che fare non solo con i grattacieli delle grandi città, ma anche con numerosi edifici di centri commerciali ormai abbandonati sparsi nelle piccole cittadine del Paese.
Attenzione, tuttavia, a minimizzare: il problema, qui, non riguarda solo gli Stati Uniti, ma si è già presentato, inesorabile, in molti altri Paesi - dal Regno Unito ad Hong Kong, dalla Corea del Sud alla Svezia. La somma di tante piccole crisi farà una crisi intera? Staremo a vedere.
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